Come conoscere le proprie emozioni ed imparare a gestirle

L’emozione si può definire come quel complesso di eventi che intercorrono tra la comparsa dello stimolo scatenante che funge da input e la risposta comportamentale (output).

L’emozione si manifesta su diversi livelli: psicologico, comportamentale e fisiologico.

Entrando nel dettaglio: un evento scatenante che può essere esterno (un effettivo accadimento) o interno (ricordi, fantasie, immagini, emozioni, pensieri) determina un’interpretazione dell’evento ossia succede qualcosa e in base alle precedenti esperienze, ai miei valori e conoscenze penso qualcosa di quello che sta succedendo.

Questo comporta delle modifiche cerebrali neurochimiche (regioni del cervello come il sistema limbico sembrano avere una grande importanza nella regolazione delle emozioni), delle modificazioni mimiche e corporee a livello muscolare, di vasi sanguigni, frequenza cardiaca e temperatura corporea, una sensazione o “esperienza emotiva” ossia si avvertono le modificazioni che avvengono nel proprio corpo, ed un impulso ad agire.

Questo si traduce in qualcosa che si vede: un linguaggio mimico e gestuale (espressione del volto, postura, colore della pelle), una verbalizzazione e un’azione (il fare qualcosa).

Queste componenti fanno sì che riusciamo a dare un nome all’emozione che stiamo provando.

Quando proviamo un’emozione e la manifestiamo questo a sua volta può fungere da evento scatenante e fare ripartire il ciclo delle emozioni.

Ossia di fronte ad una situazione imprevista una persona può provare ansia in quanto non sa cosa succederà e come comportarsi e può immaginare scenari catastrofici. L’ansia può scatenare a sua volta altre emozioni.

Se la persona pensa: “non mi dovrei sentire così, non dovrei provare questa emozione, sono uno stupido”, l’interpretazione di tale emozione scatenerà a sua volta un’altra emozione di vergogna e di colpa.

Le emozioni sono caratterizzate da un processo che ha un inizio, una durata ed un’attenuazione: l’emozione anche se intensa poi passa!

Ecco qualche esempio concreto delle componenti delle emozioni

Aspetti somatici espressivi- come mi sento

Tristezza: chiusura, ritiro, pianto, apatia, stanchezza, deconcentrazione, insoddisfazione, senso di vuoto, non ricevere piacere da niente, sentire di non poter più smettere di piangere o che se cominciassi a farlo non finiresti più, difficoltà di deglutizione, affanno

Rabbia: tensione muscolare, sensazione di esplosione, tono della voce più alto, agitazione, pianto (di rabbia), voglia di colpire qualcosa, sentire il viso infiammarsi, stringere i denti, serrare la bocca, sentirsi fuori controllo

Vergogna: rossore, volere sprofondare, agitazione, nervosismo, sensazione di soffocamento, piangere, singhiozzare, dolore alla bocca dello stomaco

Ansia: senso di soffocamento, difficoltà di respirazione, agitazione, tensione e tremori muscolari, senso di pesantezza allo stomaco, sensazione di avere un nodo in gola, sudare, lanciare degli sguardi continuamente intorno, diarrea, vomito, sentire freddo

Disgusto: repulsione, voglia di allontanarsi, nausea

Pensieri, idee, convinzioni correlati alle emozioni

Tristezza: perdita di una persona, fallimento di un progetto, di uno scopo, ritenersi senza valore o indegno, credere di non poter ottenere ciò che si desidera della vita, essere convinto di non avere speranza

Rabbia: subire un danno e ritenerlo ingiusto, credere che le cose dovrebbero essere diverse, credere rigidamente di avere ragione, ripensare continuamente all’evento che ha innescato la rabbia, frustrazione di un piano o di uno scopo

Vergogna: pensare che gli altri potrebbero avere di noi un giudizio negativo rispetto ad un comportamento agito, ma anche rispetto a dei pensieri fatti. Si può provare vergogna anche verso se stessi nel senso che la nostra immagine rispetto ai nostri occhi viene compromessa (mi immaginavo in un altro modo e guarda cosa ho fatto/ pensato…). Credere di essere cattivi, di non avere vissuto coerentemente rispetto alle aspettative degli altri, giudicarsi inferiori agli altri, “non abbastanza”, confrontarsi con gli altri e pensare di essere dei perdenti

Senso di colpa: sentirsi responsabile di un danno arrecato. Ma anche senso di colpa del sopravvissuto: sentire di avere ottenuto un qualche privilegio rispetto a qualcun altro e di cui non ci si sente meritevoli. Senso di colpa etico: indipendentemente dal danno provare colpa per avere trasgredito una regola

Ansia: anticipazione di un evento negativo, paura di qualcosa che non si conosce e si potrebbe verificare, credere di essere rifiutati, criticati o non amati, attendersi un fallimento, credere di non avere l’aiuto di cui si pensa di avere bisogno, perdere il proprio senso di padronanza e di potenza, credere di poter morire, percezione di una minaccia, pericolo di perdita di uno scopo

Disgusto: può essere considerato come un’emozione che segna un confine tra il mondo umano e quello animale, è il senso della dignità umana.

Le persone possono imparare a inibire l’espressione delle emozioni o a manifestarle in maniera differente. Diverse espressioni mimiche e diversi comportamenti possono corrispondere a differenti emozioni a seconda del contesto culturale generale o della realtà locale in cui si è inseriti

A cosa servono le emozioni?

Perchè le persone hanno delle emozioni? Anche gli animali hanno dei comportamenti emotivi: sono molto immediati ed efficaci e sono probabilmente necessari alla sopravvivenza

Le emozioni comunicano agli altri quello che stiamo provando: avere a disposizione forme sia verbali sia non verbali di comunicazione significa avere a disposizione due canali di comunicazione.

Qualora ci sia una discordanza tra il canale verbale e l’espressione corporea dell’emozione il destinatario della comunicazione si affida quasi completamente al canale non verbale

Non solo, le emozioni oltre ad una funzione comunicativa, servono ad organizzare e preparare all’azione: questo consente di risparmiare tempo ed agire tempestivamente. Promuovono cioè delle risposte adeguate alle situazioni di emergenza: sono un segnale e ci aiutano a reagire in modo pratico alle situazioni di emergenza

Le emozioni servono anche a comunicare con se stessi, sono dei segnali che avvisano la persona che sta succedendo qualcosa. Le persone imparano attraverso l’esperienza ad affidarsi o meno a tali risposte emotive.

Le emozioni ci aiutano a scegliere informandoci sull’andamento dei nostri scopi: quelle positive ci comunicano che ci stiamo avvicinando a ciò che desideriamo, quelle negative che ce ne stiamo allontanando

Un esempio di emozione: la rabbia lavorativa

La rabbia è un’emozione comune, anche se spiacevole, associata a pensieri ostili verso gli altri. Chi prova questa emozione assume una postura muscolare tipica, stringe i pugni, può provare mal di testa e un incremento del battito cardiaco, parla ad alta voce,  grida o impreca, tende a cercare il litigio,  ad accentuare il sarcasmo o a compiere gesti rabbiosi come distruggere oggetti propri o altrui.

Talvolta, queste manifestazioni eclatanti non si presentano e la rabbia tende a convertirsi in un rimuginio interno emotivamente costoso.

La rabbia lavorativa si sviluppa in risposta a situazioni frustranti o ad azioni indesiderate messe in atto da un’altra persona percepita come negligente, scortese, irrispettosa, umiliante o addirittura minacciosa.

Al fondo di questa emozione sta il fatto che l’iroso sente di non poter raggiungere l’obiettivo desiderato (una promozione, un riconoscimento professionale),  attribuendo una colpa all’altro,  visto come avversario con cui lottare per prevalere e riportare la situazione in equilibrio.

Molte situazioni fanno da detonatore alle risposte rabbiose dei lavoratori;  un momento di particolare criticità è quando il lavoratore si rende conto dell’impossibilità di soddisfare le aspettative che erano state concordate sin dall’inizio dell’esperienza lavorativa.

Il mancato rispetto o la violazione delle promesse sono cause dirette di reazioni d’ira così come l’arrivismo eccessivo da parte dei colleghi,  una situazione di non equità e privilegi ingiustificati, un clima non accogliente o lo scarso equilibrio tra lavoro e vita personale.

Nella rabbia non si devono vedere solo le conseguenze dannose per la persona (rischi di ipertensione, problemi cardiovascolari,  patologie gastriche e intestinali…) o per il clima lavorativo che risulta minaccioso, ma anche dei risvolti costruttivi.

La rabbia espressa in modo assertivo, non aggressivo può essere una risposta appropriata  che aiuta a far capire quando le  cose non vanno, evitando di tenere nascoste certe cause del disagio che stanno alla base dell’insoddisfazione di tanti.

D’altro canto il problema dell’organizzazione è di riconoscere rapidamente i detonatori della rabbia per evitare che si trasformino in violenza.

Quindi non tollerare ostilità gratuita,  stili di comunicazione sarcastici, rapporti con i superiori minacciosi, conflittualità nei gruppi di lavoro, ma incoraggiare il valore della diversità e della discordanza di idee attraverso un confronto costruttivo.